Il tiro!!!

Il tiro!!!

«Ciao, sono io: mi dai il tiro?» — a Bologna, questa frase al citofono significa una sola cosa: “aprimi il portone”. Il tiro non è un colpo né un lancio, ma l’azione, ormai elettrica, di premere il pulsante che sblocca la serratura d’ingresso. L’espressione nasce quando i palazzi non disponevano ancora del campanello a corrente: dal piano nobile calava una sottile corda di tiro collegata a una stanga metallica; bastava tirarla perché il chiavistello scattasse. Con l’arrivo dei citofoni il gesto è cambiato, la parola è rimasta.

Oggi il tiro scandisce la quotidianità domestica: amici che passano a prendere un compagno di corso, fidanzati che arrivano con la pioggia, corrieri in cerca della consegna rapida. «Ti do subito il tiro» rassicura chi attende sul marciapiede, mentre «Scusa, non ho sentito il citofono: ridammi il tiro» testimonia la piccola negoziazione tra interno ed esterno. Nel parlare bolognese, l’espressione si usa con chiunque suoni al portone: non serve particolare confidenza, basta che dall’altra parte qualcuno sia disposto ad aprire.

Antropologicamente, dare il tiro è un atto di ospitalità che unisce architettura antica e tecnologia moderna: apre fisicamente la soglia di casa e, insieme, rinsalda il tessuto di fiducia che attraversa pianerottoli, cortili e portici. Un semplice “clic” che, sotto le Due Torri, racconta ancora la storia di una corda tirata a mano — e di una città dove le parole conservano la memoria dei gesti.

Torna indietro