Non zagnare

Non zagnare

“Zagnare” era il verbo ruvido ma efficace con cui, nello slang bolognese, si stoppava chi stava oltrepassando il limite del fastidio. L’espressione più completa — «zagnare i maroni» — corrispondeva a “rompere i maroni”: «Oh, non mi zagnare!» tagliava corto l’amico troppo insistente, mentre un secco «Brìsa zagnare!» avvisava chi si avventurava in domande fuori luogo o iniziava a lagnarsi.

Il verbo si prestava anche alla scaramanzia: bastava un «Non zagnare!» per zittire chi ipotizzava scenari sfortunati, quasi che la sola parola potesse scongiurare il guaio ventilato. In ogni caso, zagnare non lanciava insulti pesanti; fungeva piuttosto da freno linguistico, riportando l’interlocutore entro i confini della tolleranza senza alzare troppo i toni.

Antropologicamente, “zagnare” svolgeva la funzione di valvola di difesa della convivialità: serviva a salvaguardare lo spazio mentale del gruppo, dichiarando che la misura era colma prima che la conversazione degenerasse. Pronunciarlo significava rivendicare il diritto al quieto vivere; incassarlo voleva dire capire, e accettare, che ogni interazione ha un punto oltre il quale è meglio tacere. Così il verbo custodiva una piccola pedagogia della soglia, ricordando a tutti che la buona compagnia vive di parole, sì, ma anche di pause.

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