Non ti si affronta

Non ti si affronta

«Non ti si affronta» è il cartellino rosso del parlato bolognese (e ormai nazionale) quando l’interlocutore diventa insostenibile. La frase racchiude due messaggi in uno: «non ti reggo più» e «quello che dici è imbarazzante o fuori luogo». Pronunciata con lieve alzata di sopracciglio, chiude sul nascere monologhi lamentosi, teorie improbabili o scenate fuori misura: «Guarda, oggi non ti si affronta» basta a far capire che la soglia di pazienza è evaporata.

A usarla sono soprattutto le voci femminili: nelle chat fra amiche, davanti a un partner in giornata storta, o in comitiva quando qualcuno parte con drammi infiniti. Il tono rimane ironico, ma il messaggio è netto: serve a proteggere il proprio spazio emotivo senza scendere in insulti volgari. Sul piano pratico è un invito a fermarsi, cambiare registro o prendersi una pausa («torna quando hai smaltito la nuvola nera»).

Antropologicamente, la locuzione funziona da barriera soft power: sancisce che l’ascolto non è infinito e che l’equilibrio di gruppo richiede autodisciplina. Chi la riceve capisce di aver oltrepassato il limite; chi la usa ribadisce il diritto a non farsi travolgere dall’altrui caos. In tempi di ipercomunicazione, «non ti si affronta» è diventato il modo più rapido – e tutto sommato gentile – di dire: stop, ripartiamo quando l’aria è più respirabile.

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