“Vez” nella Bologna contemporanea è l’erede sicuro del vecchio “oh, vecchio”: un appellativo colloquiale che sintetizza amicizia, confidenza e immediata inclusione. Dire “Bella vez, come va?” significa non soltanto salutare, ma richiamare un’intesa consolidata, un piccolo patto di complicità che resiste al tempo e alle stagioni della vita urbana .
Ma “vez” non si limita al saluto affettuoso: con un cambiamento di tono diventa strumento di mediazione. Un secco “Oh vez, calma!” può interrompere una discussione, ridimensionare un eccesso di ardore o semplicemente restituire spazio al dialogo, stabilendo confini di rispetto reciproco senza ricorrere a forme più rigide. È un rivale gentile del classico “amico mio”, che porta con sé l’eco delle corti studentesche e dei ritrovi nei bar sotto le Due Torri.
Antropologicamente, l’evoluzione da “vecchio” a “vez” racconta dell’adattamento di un gergo generazionale alle nuove dinamiche sociali: al posto della consonanza più ruvida di un tempo, emerge un suono breve e flessibile, adatto a percorrere chat, messaggi vocali e conversazioni affollate. “Bella vez” diventa così un sigillo di identità condivisa, un modo per riconoscersi al volo in un panorama in continuo mutamento dove la parola resta, nonostante tutto, la vera trama della comunità.