Coltura della gratitudine

Coltura della gratitudine

FESTA DEL RINGRAZIAMENTO DI CREVALCORE

Il cielo era coperto e la pioggia scendeva copiosa sopra porta Bologna. Nessuno sembrava preoccuparsene. Per chi lavora la terra, l'acqua non è un ostacolo ma una presenza familiare, parte di una routine quotidiana. Ho assistito alla Festa del Ringraziamento di Crevalcore, circondato da famiglie, agricoltori, trattori schierati. Non era folclore di contorno. Era il momento in cui una comunità si mette in fila per dichiarare, senza mediazioni, l'origine del suo benessere.

Più di duecento mezzi agricoli attraversano la circonvallazione. Il numero restituisce la misura di un'economia ancora radicata, di nuclei che continuano a investire, di campagne che producono. La sfilata rende visibile ciò che di solito resta fuori campo, dietro i filari e nei capannoni, nelle ore in cui il paese dorme e qualcuno è già al lavoro.

Il passaggio lungo le strade, scandito da clacson e trombe, non è solo festa. Costituisce una rivendicazione pacifica. L'agricoltura qui non è archeologia produttiva ma presenza che chiede rispetto. Ogni veicolo porta un nome, una storia, una generazione. Disposti in sequenza costruiscono una narrazione collettiva che mostra quanto del territorio appartenga ancora alla coltivazione, e quanto questa appartenenza sostenga l'identità condivisa.

Al centro della giornata si svolge la benedizione. I trattori si fermano, si compongono in forma ordinata, attendono. Il gesto è antico, essenziale, privo di sovrastrutture. Afferma che il raccolto non è garantito, che il lavoro di un anno dipende dal clima, dagli imprevisti, dalle scelte quotidiane. Benedire le macchine significa riconoscere una responsabilità che eccede quella individuale, una relazione permanente con chi abita e coltiva la terra.

Il senso profondo sta nel riconoscimento dei frutti che arrivano sulle tavole, di chi li rende possibili, di una terra che, nonostante le trasformazioni, mantiene una struttura agricola solida. In un tempo dominato dall'immediatezza, questo rituale obbliga a ricordare che il cibo richiede pazienza, competenza, cura. Ogni trattore benedetto rappresenta un impegno per l'annata che verrà.

Queste occasioni hanno un valore che oltrepassa la devozione. Sono occasioni in cui le persone si ricompongono nello stesso luogo e nello stesso tempo. Mettono fianco a fianco agricoltori, genitori, bambini, chi abita il centro e chi vive in campagna. Ho visto il sindaco togliersi gli abiti istituzionali e mettersi al lavoro tra gli stand della piazza. Nessuna retorica, le gerarchie si dissolvono. Questo sentimento diventa fatto pubblico, sottratto alla dimensione privata. Si onora l'impegno, ma anche la rete che lo sostiene.

Serve cercare queste realtà nascoste, seguirle, comunicarle. Sostenere ciò che rischia di restare invisibile e portarlo allo scoperto. La Festa del Ringraziamento offre una chiave interpretativa essenziale per comprendere che l'identità locale non si esaurisce nel centro storico, nelle architetture, nei luoghi della memoria. Si estende a un sistema più ampio in cui la campagna non è margine ma struttura portante. Osservare la sfilata, ascoltarne i suoni, cogliere come le persone si parlano e si riconoscono significa entrare nel modo in cui questa comunità si pensa e si rappresenta.

Raccontare questa festa fissa un principio. Un paese che sa ancora celebrare la propria agricoltura e sceglie di farlo insieme, nelle strade, mostra una consapevolezza che resiste all'erosione del tempo. Tenere vivo un rituale collettivo, quando tutto sembra destinato al consumo rapido, costituisce un atto culturale deliberato. E merita di essere visto, compreso, ricordato.

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